Una conversazione con Julie Martin: sull’embodied yoga, l'autenticità e perché lo yoga conta ancora
Ho incontrato Julie Martin in un momento in cui sentivo che il mio corpo chiedeva verità. Non più posture “perfette”, non più forme imposte da fuori. Volevo sentirmi viva dentro il movimento, non modellata da esso. Il suo approccio all’embodied yoga mi ha colpita come qualcosa di profondamente rivoluzionario — non solo sul tappetino, ma nella vita. È possibile che il modo in cui ci muoviamo nel corpo possa cambiare anche il modo in cui ci muoviamo nel mondo? Ho voluto chiederlo direttamente a lei.
Diana Corica
7/4/20253 min read


Dopo aver partecipato a una delle sue formazioni per insegnanti di yoga a Zurigo e successivamente a un ritiro a Casa Gatti, in Ticino, ho avuto l’opportunità di intervistare Julie e porle 10 domande sullo yoga e cosa vuol dire embodiment, e di come possiamo tornare a qualcosa di più autentico e onesto nella nostra pratica — e in noi stesse/i.
Chi è Julie Martin
Julie Martin è un’insegnante di yoga, mentore ed educatrice del movimento riconosciuta a livello internazionale, nota per il suo approccio progressivo e basato sull'esplorazione. Con oltre 25 anni di esperienza, mette in discussione l’idea delle “posizioni perfette” e incoraggia le sue allieve e allievi a esplorare il movimento in modo naturale, onesto e potenziante. Ispirandosi allo yoga, al movimento funzionale e somatico, Julie invita chi pratica a riconnettersi con il proprio corpo — e con se stesse/i— attraverso un’esplorazione consapevole delle proprie sensazioni. È direttrice di Brahmani Yoga e conduce corsi di formazione continua per insegnanti di yoga e ritiri in tutto il mondo.
1. Cos’è l'embodied yoga?
È un modo di praticare che dà meno importanza all'aspetto esteriore di una posizione e più a come la si sente. Ti invita a sintonizzarti con il tuo corpo — notare le sensazioni, le emozioni, persino le resistenze — e lasciare che siano queste a guidare la tua pratica. Invece di cercare di entrare in una forma, esplori cosa significa davvero essere nel tuo corpo, così com'è, in questo momento.
2. Cosa significa muoversi in questo particolare modo (embodied)?
Per me significa onorare l’intelligenza del corpo invece di sovrascriverla con regole o aspettative. Non esiste un modo “giusto” di muoversi — si tratta di ascoltare ciò che il corpo ti sta dicendo nell'istante presente. È un passaggio dal fare yoga al vivere lo yoga.
3. Come interagiscono l'embodied yoga e il movimento funzionale?
Si completano a vicenda molto bene. Il movimento funzionale ci aiuta a muoverci in modi che supportano la nostra vita quotidiana – specialmente quando affrontiamo lunghe ore alla scrivania o stress ripetitivo. L'embodied yoga porta consapevolezza in quel movimento. Quindi non ci muoviamo solo in modo efficiente; ci muoviamo consapevolmente. È lì che avviene la trasformazione.
4. Cosa ha plasmato il tuo approccio allo yoga?
Sono cresciuta in un ambiente vedantico (della tradizione/filosofia Vedanta), ma il mio percorso ha attraversato molti stili — Iyengar, Ashtanga, Vinyasa, somatica, movimento funzionale. Con il tempo, ho cominciato a integrare tutto questo in una comprensione più esperienziale e basata sul corpo. Ciò che insegno oggi è in continua evoluzione — è radicato nella tradizione, ma non vincolato ad essa.
5. Come possiamo mantenere il senso dello yoga in un mondo pieno di mode e distrazioni?
Tornando alla sua essenza. Lo yoga non riguarda la flessibilità o l’estetica — riguarda la presenza, la compassione e l’esplorazione profonda del sé. Se manteniamo quelle radici, possiamo far evolvere la forma senza perdere l’anima. Ma dobbiamo continuare a chiederci: Perché lo stiamo facendo?
6. Lo yoga può essere una forma di resistenza?
Assolutamente — ma non nella maniera rumorosa e aggressiva con cui spesso intendiamo la resistenza. Lo yoga ci invita a vivere in modo diverso: più consapevoli, più compassionevoli, più in sintonia con noi stesse/i e con le altre persone. Questo cambiamento silenzioso nel modo in cui ci relazioniamo al mondo è potente. È un attivismo dall'interno verso l'esterno.
7. Come possiamo riconnetterci al corpo in un mondo iper-distratto?
Iniziando a rallentare e a notare. I nostri corpi ci mandano continuamente segnali — ma spesso siamo troppo occupati o disconnessi per ascoltarli. Il movimento integrato ci riporta al presente, alla sensazione. È lì che inizia la riconnessione. E partendo da lì, si possono guarire tante ferite nascoste.
8. Cosa speri che le persone traggano dalle tue lezioni?
Che non devono esibirsi o essere perfette. Che va bene sentire, sbagliare, non sapere. Voglio che le persone si sentano più a casa nel proprio corpo — magari per la prima volta. Se qualcuno esce da una lezione sentendosi più radicata/o, più integra/o, più umana/o — allora vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro.
Il mio commento preferito che ho ricevuto a fine lezione è stato:
“Wow, finalmente, sento che mi hai dato il permesso di essere semplicemente me stessa". E questo, credo, è la cosa più significativa che posso fare per chiunque.
9. Cosa diresti a qualcuno che sta pensando di diventare un insegnante di yoga?
Chiediti perché. Insegnare è diverso dal praticare – è un impegno a creare spazio, imparare continuamente e mostrarsi autenticamente. Non avere fretta. Lascia che il tuo insegnamento cresca dalla tua esperienza e integrità, non solo da certificazioni o tendenze.
10. Come mentore, qual è il messaggio che vuoi trasmettere alle/agli insegnanti?
Continua a esplorare e approfondire la tua autenticità.
Sii reale. Non cercare di rientrare nello stampo di ciò che pensi debba essere un insegnante. La tua verità, la tua presenza — è questo che risuona. Quando insegni da quello spazio, le persone lo sentono. Ed è lì che avviene la magia.
Traduzione della versione originale in Inglese.
Per saperne di più su Julie Martin e il suo lavoro: